Tre volte Verdi

Crítica
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Tre volte Verdi

La “Trilogia d’autunno” del Ravenna Festival

Nabucco, Giuseppe Verdi, Temistocle Solera (lib.). Serban Vasile (Nabucco), Riccardo Rados (Ismaele), Evgeny Stavinski (Zaccaria), Alessandra Gioia (Abigaille), Lucyna Jarząbek (Fenena) […]. Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, Martino Faggiani (m° del coro), Coro Lirico Marchigiano Vincenzo Bellini, Alessandro Benigni (dir.), Cristina Mazzavillani Muti (regia e ideazione scenica), Vincent Longuemare (light design), Davide Broccoli (visual designer), Alessandro Lai (costumi). Teatro Alighieri, Ravenna Festival 2018, 27 novembre.

Rigoletto, Giuseppe Verdi, Francesco Maria Piave (lib.), Giuseppe Tommaso (il Duca di Mantova), Andrea Borghini (Rigoletto), Venera Protasova (Gilda), Antonio Di Matteo (Sparafucile), […] Hossein Pishkar (dir.), Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, Martino Faggiani (m° del coro), Coro Lirico Marchigiano “Vincenzo Bellini”, Cristina Mazzavillani Muti (regia e ideazione scenica), Vincent Longuemare (light design), Davide Broccoli (visual designer), Alessandro Lai (costumi). Teatro Alighieri, Ravenna Festival 2018, 28 novembre.

Otello, Giuseppe Verdi, Arrigo Boito (lib.), Mikheil Sheshaberidze (Otello), Luca Micheletti (Jago), Giuseppe Tommaso (Cassio), Giacomo Leone (Roderigo), Elisa Balbo (Desdemona), […] Nicola Paszkowski (dir.), Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, Martino Faggiani (m° del coro), Coro Lirico Marchigiano Vincenzo Bellini, Elisabetta Agostini (m° del coro), Coro di voci bianche Ludus Vocalis di Ravenna, Cristina Mazzavillani Muti (regia e ideazione scenica), Vincent Longuemare (light design), Alessandro Lai (costumi). Teatro Alighieri, Ravenna Festival 2018, 29 novembre.

Il Ravenna Festival, che si svolge nella città dei mosaici ogni anno dalla fine di maggio o inizio giugno sino alla fine di luglio, prevede dal 2012 un’espansione autunnale chiamata “Trilogia d’autunno”. È una maratorna lirica che alterna, sera dopo sera, tre opere sullo stesso palcoscenico, consentendo agli spettatori una vera e propria immersione. Questa trilogia è stata dedicata interamente a Verdi, consacrando così Ravenna come un polo di attrazione verdiano d’eccellenza (al Ravenna Festival Riccardo Muti a luglio ha diretto in forma scenica il Macbeth, opera che lo ha poi visto impegnatissimo nel ruolo di demiurgo con quattro allievi direttori d’orchestra selezionati per la sua accademia operistica).

Tre sono i direttori d’orchestra alla guida dell’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, un’eccellenza italiana formata da musicisti di età inferiore ai 30 anni, fondata da Muti: per Nabucco Alessandro Benigni, per Rigoletto l’iraniano tedesco d’adozione Hossein Pishkar (allievo della terza edizione dell’Italian Opera Academy di Muti), per Otello Nicola Paszkowski, mentre tra le voci troviamo cantanti al debutto dei rispettivi ruoli: è il caso del ruolo di Nabucco di Serban Vasile, Elisa Balbo (Desdemona), Mikheil Sheshaberidze (Otello) e Luca Micheletti (Jago).

Nabucco è delle tre opere il più visivamente opulento: la scenografia virtuale è proiettata sul palcoscenico costituita da due velari, otto quinte e quattro archi. Le indicazioni registiche danno alla scena diversi colori, l’oro della Menorah, la policromia della porta di Ishtar il rosso, il bianco della scena del “Va’ pensiero”, per virare infine su colori scuri nelle scene conclusive, riaccendendosi nell’efficace scena dell’idolo infranto. La regia di Cristina Mazzavillani Muti si pone dunque al servizio della musica e, anche nella ricchezza di idee, è efficace nell’esaltare gli snodi principali del Nabucco. Con invenzioni come l’immagine bianca di nebbia durante il “Va’ pensiero”, macro ingrandimento di mucchi di cadaveri nei campi di sterminio, o la scena della profezia qui trasformata in un’orgia, metafora visiva dell’usurpazione del potere, con un’incantatrice di serpenti accessoriata con tanto di pitone vivo al collo e un lascivo serpente umano ai suoi piedi (Ivan Merlo) a simboleggiare la perversione del potere di Abigaille regina.

Il direttore Alessandro Benigni dà una lettura leggera del Nabucco (riprendendo vigore da “O prodi miei, seguitemi, s’apre alla mente il giorno” in poi) che fila dall’inizio alla fine, dimostrando di reggere le fila dell’orchestra con equilibrio.

Il cast vocale è omogeneo: Serban Vasile, Nabucco, ha bella presenza scenica e voce possente, ma rifinirà ancora il difficile lavoro sulla dizione, Alessandra Gioia è un’Abigaille che, nonostante una parte complicatissima, dimostra un buon dominio dei suoi mezzi. Evgeny Stavinski, Zaccaria, dalla voce e dalla presenza autorevole, appare in scena elegante e misurato. L’Ismaele di Riccardo Rados, che si era già potuto apprezzare la scorsa estate nel Macbeth mutiano, timbro seducente, farà parlare ancora di sé. Fenena è la delicata Lucyna Jarząbek.

Il terribile dramma di Rigoletto e di sua figlia Gilda appare, dal punto di vista scenico, maggiormente astratto rispetto al Nabucco. Altra idea registica, oltre all’astrazione che campeggia ad esempio in momenti memorabili quali il “Caro nome” di Gilda, è l’ambientazione virtuale assai ben riuscita nel Palazzo ducale di Mantova, che fa entrare l’arte di Mantegna direttamente dentro la scenografia. A colpirci sono i suntuosi vestiti rinascimentali dell’atto primo e i personaggi della cosiddetta Camera degli sposi e di Palazzo Te che, scesi dalle pareti, sono qui a guardarci dalla scena in carne e ossa. Altro stratagemma di grande efficacia è il porre il coro nei palchi laterali, quelli addossati al palcoscenico, facendo in modo che la loro voce giunga in scena come fosse la nostra, creando un’identificazione da pelle d’oca tra noi, pubblico, e chi perseguita Rigoletto.

La direzione di Hossein Pishkar è infusa da un sincero pathos giovanile, trasporto emotivo che talvolta gli fa perdere il polso dell’orchestra. La direzione d’orchestra si fa più misurata negli atti successivi al primo e recupera in equilibrio, dando una lettura chiaroscurale. Nel cast vocale Rigoletto, Andrea Borghini, nerovestito, impersonifica bene lo straziato personaggio: la sua interpretazione è riuscita, il protagonista è ben caratterizzato psicologicamente e riesce persino a guadagnarsi la nostra compassione (“Povero Rigoletto”, “Pari siamo!”), diventando molto più che un giullare crudele capace solo di prender in giro le debolezze altrui. “Rigoletto sin dall’inizio fa il possibile per guadagnarsi l’odio di chi lo circonda in palcoscenico e l’antipatia di chi lo guarda dalla sala ma, a differenza dei suoi superficiali nemici, egli ci spalanca l’abisso della propria anima, e le sue confessioni esprimono un infinito tormento interiore”.1

Autentica rivelazione, Venera Protasova, soprano russa nata in Tagikistan, perfetta interprete di Gilda, ha tutto ciò che il ruolo richiede: un corpo esile e flessuoso, dapprima fanciulla innocente riesce anche a dare in seguito un’impressione di grande forza, tecnica vocale rifinita e una voce duttile e calda che non si scorda facilmente. Un vero e proprio usignolo. Il Duca di Mantova è interpretato nella seconda e terza recita da Giuseppe Tommaso, tenore già impegnato nella trilogia nel ruolo di Cassio in Otello, che ha sostituito l’indisposto Giordano Lucà.

Nessuna proiezione, minimi arredi scenici, costumi essenziali e luci virate per quasi tutta l’opera su toni molto scuri non fanno che esaltare il dramma tutto interiore di Otello. In quest’opera le sapienti luci di Longuemare hanno davvero un ruolo di primo piano. Come se si fosse fatto un passo indietro, c’è qui qualcosa di raggelato rispetto ai primi due allestimenti, un tasso emotivo decisamente in sordina rispetto a Nabucco, visivamente barocco. La lettura che ne dà Nicola Paszkowski – direttore esperto, responsabile già dei primi omaggi a Verdi delle Trilogie del Ravenna Festival del passato – è coinvolgente, puntuale, e riesce a cavare un bel suono dall’Orchestra Cherubini sottoposta a un tour de force notevolissimo (tre opere in tre sere, a succedersi sul podio tre direttori diversi). Magnifica la prova del Coro Voci Bianche Ludus Vocalis di Ravenna alla cui guida troviamo Elisabetta Agostini. Domina la scena di Otello Luca Micheletti il quale, nei panni di Jago, dimostra grandi qualità attoriali e vocali. Elisa Balbo, Desdemona, pur risparmiandosi un poco nella prima parte dell’opera, dà il meglio di sé nel quarto atto, dove sembra uscita da un quadro di Johann Heinrich Füssli. Il tenore georgiano Mikheil Sheshaberidze ha buona dizione e buona presenza scenica, ma tende un po’ a calcare la voce.

Ci sarà ancora occasione il prossimo gennaio di assistere a due rappresentazioni di Nabucco al Teatro Comunale di Ferrara (l’11 e il 13) e due di Otello al Teatro del Giglio di Lucca (il 18 e il 20). In un Teatro Alighieri tutto esaurito in tutte le date, un variegato pubblico internazionale ha decretato un autentico successo di questa trilogia, segno del fatto che questa formula funziona ed è capace anche di rinnovarsi nel tempo (negli anni passati le Trilogie sono state dedicate oltre a Verdi, a Puccini e al balletto). Il Ravenna Festival, diventato grande, compie nel 2019 il suo trentesimo anno di vita: cosa offrirà la nuova edizione?

Benedetta Saglietti

1 Girardi, Michele: “«Thou wouldst make a good fool – Egli è Delitto, Punizion son io»: Due facce di Rigoletto”.Verdi-Studien. Pierluigi Petrobelli zum 60.Geburstag, Herausgegeben von Sieghart Döhring und Wolfgang Osthoff unter Miterarbeit von Arnold Jakobshagen, München, G. Ricordi & co., 2000, pp. 153-177, on-line: http://www-5.unipv.it/girardi/PlP60.PDF.

Publicado en febrero 2019

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